Quando si parla di zucchero spesso si pensa alla dolcezza. Purtroppo, però, il mercato tradizionale dello zucchero è tutt’altro che dolce.
Lo zucchero è uno dei beni di consumo più diffusi e si stima che un italiano medio ne consumi circa 27 Kg all’anno.
La produzione dello zucchero consiste nell’estrazione del saccarosio dai vegetali. In natura è presente in molte specie vegetali, ma per l’industria se ne usano principalmente due: la barbabietola da zucchero e la canna da zucchero.
Le coltivazioni di queste due piante sono presenti in più 130 paesi: la barbabietola in Europa, mentre invece la canna da zucchero nelle regioni calde e umide, intorno alla fascia tropicale. I principali paesi coltivatori di Canna da zucchero sono, in ordine: Brasile, India e Thailandia.
La produzione dello zucchero è sostenuta da lavoratori sfruttati, che svolgono turni di più di 12 ore giornaliere in cui avvengono abusi e violazioni dei diritti. Secondo quanto riportato nei report di Mani Tese, i lavoratori testimoniano di dover lavorare scalzi, dalle 6 del mattino per tutto il giorno, senza poter organizzarsi in sindacati. Anche un solo cenno di protesta potrebbe comportare il licenziamento.
Le fasi che precedono l’arrivo dello zucchero sulla nostra tavola sono la semina, il taglio, il trasporto verso gli zuccherifici, strutture per la macinazione e l’eventuale raffinazione e dopodiché la distribuzione mondiale.
Partiamo dalla semina: la monocultura estensiva che caratterizza i campi seminati a canna da zucchero ha un impatto molto negativo sull’ambiente e sull’ecosistema. Ciò è dovuto dall’aumento della deforestazione unito all’uso sfrenato di fertilizzanti e diserbanti chimici. Spesso accade che le riserve idriche risultano avvelenate, nuocendo alla popolazioni e le produzioni limitrofe.
Il potere contrattuale dei braccianti è inesistente: sul loro lavoro, tutto manuale, si regge l’intera filiera, eppure non godono di alcun diritto e spesso sono soggetti a tassi di malattia e mortalità nettamente sopra alla media, per le condizioni dure a cui sono esposti (in Nicaragua è stata evidenziata una significativa incidenza di insufficienza renale cronica per cause non tradizionali, registrata nelle aree agricole tra i lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero).
Durante la fase di raffinazione lo zucchero viene solitamente separato, per centrifugazione, dalla melassa, cristallizzato in apposite apparecchiature e infine chiarificato per produrre lo zucchero bianco, maggiormente richiesto dal mercato.
Produrre lo zucchero secondo principi che siano equi e solidali è possibile, e viene fatto già da molti anni. Innanzitutto, la filiera di produzione Altromercato è una filiera corta: dal produttore direttamente a noi, in cui il processo è trasparente e controllato.
I produttori sono sempre tutelati, ricevono un prezzo equo per il loro lavoro e lo possono svolgere in condizioni nelle quali è garantita loro la sicurezza. Inoltre, si organizzano per favorire l’empowerment della comunità, l’apprendimento continuo, il miglioramento delle proprie condizioni.
Anche per quanto riguarda invece l’impatto ambientale, la filiera equa dello zucchero si distingue dal mercato tradizionale su più fronti:
La Cooperativa Productores De Panela El Paraiso, in breve Copropap viene fondata nel 1991da alcune famiglie contadine. Oggi coinvolge 47 soci, più di 1200 persone che ne beneficiano nella comunità.
Ha sede nella provincia di Pichincha, sulle Ande, dove il territorio montuoso rende complicato l’accesso: l’isolamento è un fattore aggravante di condizioni come scarsa alfabetizzazione, mancanza di politiche di sviluppo o di assistenza, improduttività e sfruttamento.
Dopo la nascita di Copropap i campesinos hanno potuto riunire le forze per gestire in autonomia l’intera filiera produttiva, svincolarsi dagli intermediari del mercato che imponevano un prezzo non equo ed entrare in contatto con la rete del Commercio Equo e Solidale.
La prima esportazione di zucchero Dulcita risale al 1995, mentre nel 1998 la Cooperativa ha ottenuto la certificazione Bio. Nei primi anni Duemila, grazie ad alcuni progetti di cooperazione italiani, è stato possibile costruire un capannone per la lavorazione e lo stoccaggio dello zucchero.
Nel 2012 sono arrivate altre migliorie sugli strumenti utilizzati ed è sono stati inclusi ulteriori soci, ma il vero salto è avvenuto nel 2013: dopo 20 anni di lavoro e collaborazione, Copropap ha ottenuto la licenza per l’esportazione diretta, chiudendo così la filiera produttiva e gestendola in autonomia fino alla fine.
Oggi, a sostenere Copropap, c’è anche Fondazione Altromercato, che ha avviato una raccolta fondi per completare la costruzione dello zuccherificio.
In un territorio dove l’agricoltura biologica è l’alternativa allo sfruttamento minerario, il nuovo zuccherificio rappresenta un’importantissima opportunità di emancipazione e riscatto per le comunità.
Il Panay FairTrade Center (PFTC) nasce nelle Filippine nel 1991, su iniziativa di 25 donne, tra cui Ruth Salditos, della rete Gabriela, che riunisce i movimenti attivi per la promozione dei diritti delle donne.
PFTC ha sede sull’isola di Panay, dove da 30 anni porta avanti progetti di empowerment, lotte per i diritti, difesa della democrazia e tutela. Oggi a PFTC lavorano più di 500 persone e di questo lavoro beneficiano più di 3.000 famiglie.
Il Panay FairTrade Center lavora tenendo come capisaldi la sostenibilità ambientale e quella sociale, la giustizia, l’impegno politico. Il modello di crescita deve essere a piccoli passi, ha una base comunitaria, coinvolge i quartieri urbani più poveri e contrasta la marginalizzazione.
In un paese come le Filippine, dove spesso giornalisti e attivisti dei diritti umani rischiano la vita, non è facile portare avanti questo lavoro. Nel 2018 è stato ucciso Felix Salditos, marito di Ruth Salditos, non sono ancora stati rintracciati i colpevoli della sua morte, come di molte altre. Ciò non ferma la voglia di giustizia della comunità: PFTC ha creato anche la FairTrade Panay Foundation, con Ruth Salditos nel ruolo di direttrice, per portare avanti un lavoro di sviluppo e advocacy e chiedere sempre a maggior voce diritti, giustizia, democrazia.
Manduvirà nasce in Paraguay durante anni della dittatura, quando sembrava impossibile poter parlare di diritti civili.
Nel 1975 un gruppo di persone decide di continuare a credere nel cambiamento, mette insieme i propri risparmi e dà vita a Manduvirà, una Cooperativa di risparmio e credito. È nel 1990 che Manduvirà diventa una cooperativa agro-industriale: torna la democrazia ed è possibile fare progetti di inclusione rivolti ai piccoli produttori della zona, spesso sfruttati dalle grandi multinazionali e privi di potere contrattuale.
Nel 2011, dopo anni di duro lavoro e grazie al contributo delle Botteghe del Mondo e della loro raccolta fondi, è stato inaugurato lo zuccherificio. Oggi, per la prima volta nella storia del Paraguay, i coltivatori di zucchero sono anche i proprietari dell’azienda che lo lavora e controllano autonomamente la filiera.
Sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e progetti di cooperazione: la storia di Manduvirà è una storia di impegno e collaborazione per riconquistare la libertà. Oggi coinvolge circa 1700 soci e porta beneficio a più di 25.000 persone nella comunità.