La filiera tradizionale del caffè è caratterizzata da sfruttamento e vulnerabilità dei produttori, gravi conseguenze sull’ecosistema e sulle coltivazioni dovute alla crisi climatica e da un’alta volatilità del mercato (il prezzo del caffè, infatti, è quotato in borsa).
Ma quanto ne sappiamo di questa pianta così delicata e preziosa?
Vediamo insieme qualche concetto chiave, che ci aiuta a capire quanto sia importante e necessario oggi scegliere il caffè del Commercio Equo e Solidale.
La pianta del caffè è un arbusto del quale esistono più di 100 specie differenti: le due più note e importanti per l’uomo sono la Robusta e l’Arabica.
Il frutto è detto “drupa” o “ciliegia” e, una volta maturo, si presenta come una bacca rossa lucida che contiene i due semi di caffè.
Il caffè viene prodotto in una zona di mondo che è chiamata “coffee belt”, ovvero “la cintura del caffè”. Le aree e le altitudini che ne permettono la coltivazione infatti sono abbastanza ristrette.
La coffee belt comprende tre continenti: America, Africa e Asia. In queste tre diverse zone del mondo le condizioni di crescita del caffè sono simili, ma ciò che cambia è l’aroma, a seconda del clima, della quantità di acqua, dell’altitudine e della tipologia di suolo.
La pianta di caffè è molto delicata e per essere coltivata, soprattutto le varietà più pregiate che crescono in altura, ha bisogno di un clima molto particolare.
Con la crisi climatica emergono nuovi parassiti e malattie, e le specie di caffè selvatico, che forniscono una grande risorsa genetica per i coltivatori, rischiano di estinguersi entro il 2080.
Lo squilibrio climatico stravolge i cicli di pioggia durante l’anno e influisce fortemente sui periodi di fioritura e sullo sviluppo delle piante: senza un’azione adeguata a ridurre le emissioni di CO2, entro il 2050 l’area globale adatta alla coltivazione del caffè si ridurrà del 50%.
Il mercato del caffè è pieno di interessi.
Il prezzo del caffè viene quotato in borsa ed è tra le materie prime più in movimento nel mercato. Il risultato è un prezzo fortemente oscillante e molte speculazioni finanziarie.
Gli effetti dei giochi di mercato si riversano sui piccoli produttori: circa 20 milioni di persone vivono in zone rurali o di montagna e il loro sostentamento dipende dalla coltivazione del caffè.
Il loro potere contrattuale è molto basso di fronte agli intermediari, che si recano sul posto e offrono ai produttori un prezzo basso, ma con pagamento diretto. Di fronte a questa proposta, chi vive in condizioni di estrema insicurezza economica, accetta di avere liquidità pur dovendo accettare guadagni molto bassi.
Gli intermediari poi vendono il caffè e società di trading internazionale, tramite le quali arriva poi ai marchi di caffè che si trovano comunemente sul mercato.
Nel mercato tradizionale, quella del caffè è una filiera molto lunga e molto opaca, della quale si conoscono poche informazioni e si perde facilmente il nesso.
I piccoli produttori sono i soggetti più vulnerabili e più esposti alla volatilità del mercato e al cambiamento climatico: il caffè perde o cambia il suo tipico aroma, i prezzi aumentano, il ciclo biennale di produzione delle piantagioni viene alterato e i volumi prodotti diminuiscono drasticamente.
In questo mondo così complesso e macchiato di ingiustizie l’alternativa più valida è quella del Commercio Equo, che acquista caffè proveniente da cooperative con le quali si mantiene un rapporto continuativo e senza intermediari.
Ma il caffè equosolidale è buono anche perché:
Il prezzo pagato ai produttori non scende mai sotto un minimo prestabilito, ma se la borsa sale, la retribuzione sale con essa.
Oltre alla retribuzione fissa, ci sono dei finanziamenti aggiuntivi: la Cooperativa può investire un premio FairTrade per l’impegno sociale e il miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto nelle zone rurali isolate.
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